BLOW UP
ROCK HARD
ITALIA DI METALLO
voto: 6.5/10 I Voldo sono una band nata nel 2008 a Perugia. La band umbra nasce con lo scopo di sviluppare e personalizzare sonorità stoner insieme a quelle psichedeliche: infatti le loro influenze si rifanno a band quali Kyuss, Melvins e tante altre. Il loro debutto ufficiale risale al 2009 e dopo vari concerti pubblicano il loro primo album "Hella Maluka".
Ascoltanto il loro album, mi vengono in mente molto le sonorità dei primi anni 90 ma con una vena più moderna, quasi elettronica.
"Cow" parte con un giro di chitarra ispirato: echi, delay e melodie psichedeliche fanno da padroni. Molto ai primi Queens of the stone age.
"Steps" è un brano moderno e molto noise ; un basso ritmato e preciso permette lo sviluppo di trame sonore tra la psichedelia e le sonorità alla Tool.
La quarta traccia "Liar", a mio avviso, è la migliore del disco: un brano di matrice stoner/punk con ritmiche originali e rock’n’roll.
L’influenza dei Motorpsycho è evidente ma trovo anche degli spunti di originalità e se svilupperanno questa loro capacità potrebbero avere un buon seguito anche all’estero.
La batteria compatta di "Donor" ci porta nella psichedelia più pura e allucinante: un basso quasi funky si unisce a chitarre molto pesanti (in alcuni punti l’influenza del punk-hardcore è molto forte) .
"Bleed" è un brano dalle tinte grunge: mi ricorda moltissimo il debutto dei Nirvana e rimane un ottimo brano che dal vivo saprà scuotere molte teste sotto il palco .
La traccia finale è la piu’ originale di tutte. "Drogo" si sviluppa attorno a sonorità ambient, dando anche un tocco di malinconia al brano.
“Hella Maluka” rimane un buon disco e originale. Qua dentro possiamo trovare di tutto: stoner, ambient, punk e hard. Un disco che possiamo definire sperimentale, e solo chi non possiede limiti musicali potrebbe capire la musica dei Voldo. Aspettiamo il seguito.
voto: 6.5/10 I Voldo sono una band nata nel 2008 a Perugia. La band umbra nasce con lo scopo di sviluppare e personalizzare sonorità stoner insieme a quelle psichedeliche: infatti le loro influenze si rifanno a band quali Kyuss, Melvins e tante altre. Il loro debutto ufficiale risale al 2009 e dopo vari concerti pubblicano il loro primo album "Hella Maluka".
Ascoltanto il loro album, mi vengono in mente molto le sonorità dei primi anni 90 ma con una vena più moderna, quasi elettronica.
"Cow" parte con un giro di chitarra ispirato: echi, delay e melodie psichedeliche fanno da padroni. Molto ai primi Queens of the stone age.
"Steps" è un brano moderno e molto noise ; un basso ritmato e preciso permette lo sviluppo di trame sonore tra la psichedelia e le sonorità alla Tool.
La quarta traccia "Liar", a mio avviso, è la migliore del disco: un brano di matrice stoner/punk con ritmiche originali e rock’n’roll.
L’influenza dei Motorpsycho è evidente ma trovo anche degli spunti di originalità e se svilupperanno questa loro capacità potrebbero avere un buon seguito anche all’estero.
La batteria compatta di "Donor" ci porta nella psichedelia più pura e allucinante: un basso quasi funky si unisce a chitarre molto pesanti (in alcuni punti l’influenza del punk-hardcore è molto forte) .
"Bleed" è un brano dalle tinte grunge: mi ricorda moltissimo il debutto dei Nirvana e rimane un ottimo brano che dal vivo saprà scuotere molte teste sotto il palco .
La traccia finale è la piu’ originale di tutte. "Drogo" si sviluppa attorno a sonorità ambient, dando anche un tocco di malinconia al brano.
“Hella Maluka” rimane un buon disco e originale. Qua dentro possiamo trovare di tutto: stoner, ambient, punk e hard. Un disco che possiamo definire sperimentale, e solo chi non possiede limiti musicali potrebbe capire la musica dei Voldo. Aspettiamo il seguito.
RAW&WILD
"La band italiana Voldo crea la sua comparsa nella scena musicale con l’album “Hella Maluka”, un disco che è una fusione di rock, industrial, stoner e di altri generi musicali. Durante l’ascolto si può intuire che questo lavoro è costellato dal costante bisogno di cercare sonorità calde ed imponenti. Il cantante riesce a combinare benissimo la distorsione di ritmiche di basso molto accattivanti con una voce sporca e graffiante che è anche accompagnata da effetti che sono molto adeguati al contesto sperimentale del cd. Il chitarrista riesce a creare una buona alternanza tra riff ben strutturati provenienti dalla chitarra e atmosfere elettroniche malsane, angoscianti ed affascinanti. Il batterista riesce a suonare i tempi in maniera molto “quadrata” ma, allo stesso tempo, con grande scioltezza e disinvoltura riesce a passare da uno stile musicale all’altro. Un buon album sia dal punto di vista tecnico che dal punto di vista stilistico. Voto: 7,5/10"
"La band italiana Voldo crea la sua comparsa nella scena musicale con l’album “Hella Maluka”, un disco che è una fusione di rock, industrial, stoner e di altri generi musicali. Durante l’ascolto si può intuire che questo lavoro è costellato dal costante bisogno di cercare sonorità calde ed imponenti. Il cantante riesce a combinare benissimo la distorsione di ritmiche di basso molto accattivanti con una voce sporca e graffiante che è anche accompagnata da effetti che sono molto adeguati al contesto sperimentale del cd. Il chitarrista riesce a creare una buona alternanza tra riff ben strutturati provenienti dalla chitarra e atmosfere elettroniche malsane, angoscianti ed affascinanti. Il batterista riesce a suonare i tempi in maniera molto “quadrata” ma, allo stesso tempo, con grande scioltezza e disinvoltura riesce a passare da uno stile musicale all’altro. Un buon album sia dal punto di vista tecnico che dal punto di vista stilistico. Voto: 7,5/10"
LENZ
"La prima volta che vidi un live dei Voldo, fu un’esperienza sconcertante per me, ormai da anni orfano dei Tool, degli Isis o di qualcosa di decente da parte di Trent Reznor. Un gruppo così affine ai miei gusti e formato da persone vicine al mio ambiente, ma di cui fino ad allora non sospettavo nemmeno l’esistenza. Sono quelle scoperte che da un lato ti rendono felice, dall’altro ti fanno sentire quasi defraudato, nel tipico snobismo di chi appartiene a una nicchia. Fortunatamente ho metabolizzato in fretta questa epifania, e ora provo solo sentimenti positivi nei confronti dei Voldo. Anzi no, perché la loro musica è programmaticamente ansiogena, claustrofobica, massiccia, trapanante, induce stati di coscienza alterata. Ma a me piace così. Rendere questo tipo di impatto sonoro su disco non è compito da poco, inoltre le strutture dei pezzi sono lunghe e complesse, ma Hella Maluka ha, nei suoi 68 minuti di durata, un’organicità impressionante. È chiaro l’impegno da parte del trio nel raggiungere l’affiatamento necessario alla loro originale formula. Non si ha a che fare con il solito gruppetto di gente che suona chitarra, basso e batteria, i Voldo hanno saputo creare una gerarchia alternativa del sound e dei ruoli all’interno della band e questo con una professionalità che si riscontra raramente. Il basso di Matteo Passamonti fa spesso la parte del leone occupandosi dei riff principali e delle parti armoniche oltre che della ritmica, assieme al potentissimo e preciso drumming di Michele Calamita. Il chitarrista Luca Giovagnoli ha un atteggiamento da produttore più che da musicista, nell’affrancare il suo strumento dal ruolo abituale, nello sperimentare con l’effettistica e con insolite tecniche percussive. La registrazione e l’ottimo mastering esaltano i dettagli di questo lavoro, rendendolo ancora più stratificato e leggibile su diversi livelli. In particolare la voce di Matteo, che dal vivo è per forza di cose più amalgamata, in Hella Maluka è apprezzabile appieno sia nei suoi latrati distorti ed effettati, che in bellissime aperture melodiche (come in “Donor”). Potete avere un’idea di tutti questi elementi in quella che secondo me è la canzone manifesto della loro proposta, la conclusiva “Drogo”, un’estenuante prova di forza di 14 minuti in cui c’è di tutto, psichedelica, hardcore, ambient, elettronica, shoegaze, industrial, crossover e chi più ne ha più ne metta. In conclusione, va spesa una parola sull’incredibile artwork dello studio Nasbru, che fa da perfetto contraltare alla musica dei Voldo nel delineare un mondo cyberpunk, scuro e allucinato dove convivono più o meno pacificamente in un intreccio di tubature sacerdoti Maya e druidi Nordici. Non vi deve stupire, è proprio così che la vostra mente malata appare dall’interno, e se potesse suonare, suonerebbe come Hella Maluka dei Voldo."
"La prima volta che vidi un live dei Voldo, fu un’esperienza sconcertante per me, ormai da anni orfano dei Tool, degli Isis o di qualcosa di decente da parte di Trent Reznor. Un gruppo così affine ai miei gusti e formato da persone vicine al mio ambiente, ma di cui fino ad allora non sospettavo nemmeno l’esistenza. Sono quelle scoperte che da un lato ti rendono felice, dall’altro ti fanno sentire quasi defraudato, nel tipico snobismo di chi appartiene a una nicchia. Fortunatamente ho metabolizzato in fretta questa epifania, e ora provo solo sentimenti positivi nei confronti dei Voldo. Anzi no, perché la loro musica è programmaticamente ansiogena, claustrofobica, massiccia, trapanante, induce stati di coscienza alterata. Ma a me piace così. Rendere questo tipo di impatto sonoro su disco non è compito da poco, inoltre le strutture dei pezzi sono lunghe e complesse, ma Hella Maluka ha, nei suoi 68 minuti di durata, un’organicità impressionante. È chiaro l’impegno da parte del trio nel raggiungere l’affiatamento necessario alla loro originale formula. Non si ha a che fare con il solito gruppetto di gente che suona chitarra, basso e batteria, i Voldo hanno saputo creare una gerarchia alternativa del sound e dei ruoli all’interno della band e questo con una professionalità che si riscontra raramente. Il basso di Matteo Passamonti fa spesso la parte del leone occupandosi dei riff principali e delle parti armoniche oltre che della ritmica, assieme al potentissimo e preciso drumming di Michele Calamita. Il chitarrista Luca Giovagnoli ha un atteggiamento da produttore più che da musicista, nell’affrancare il suo strumento dal ruolo abituale, nello sperimentare con l’effettistica e con insolite tecniche percussive. La registrazione e l’ottimo mastering esaltano i dettagli di questo lavoro, rendendolo ancora più stratificato e leggibile su diversi livelli. In particolare la voce di Matteo, che dal vivo è per forza di cose più amalgamata, in Hella Maluka è apprezzabile appieno sia nei suoi latrati distorti ed effettati, che in bellissime aperture melodiche (come in “Donor”). Potete avere un’idea di tutti questi elementi in quella che secondo me è la canzone manifesto della loro proposta, la conclusiva “Drogo”, un’estenuante prova di forza di 14 minuti in cui c’è di tutto, psichedelica, hardcore, ambient, elettronica, shoegaze, industrial, crossover e chi più ne ha più ne metta. In conclusione, va spesa una parola sull’incredibile artwork dello studio Nasbru, che fa da perfetto contraltare alla musica dei Voldo nel delineare un mondo cyberpunk, scuro e allucinato dove convivono più o meno pacificamente in un intreccio di tubature sacerdoti Maya e druidi Nordici. Non vi deve stupire, è proprio così che la vostra mente malata appare dall’interno, e se potesse suonare, suonerebbe come Hella Maluka dei Voldo."
IYEZINE.COM
"È stata un esperienza faticosa ma allo stesso tempo affascinante, e alla fine ne è valsa veramente la pena, entrare nel mondo di questi tre ragazzi che si fanno chiamare Voldo.
La band si forma nel 2008, ma è solo tre anni dopo, con l’entrata in formazione del batterista Michele Calamita, che, assieme ai due membri fondatori Matteo Passamonti (basso,voce,effetti) e Luca Giovagnoli (chitarra,effetti) che prende vita l’attuale formazione a tre.
Il gruppo trova così stabilità e comincia ad esibirsi da vivo ed arriviamo alla fine del 2013 con l’uscita di Hella Maluka, rigorosamente autoprodotto, registrato e mixato con la collaborazione dei fonici Valerio Romanelli e Giacomo Calli.
Di solito nelle recensioni trovate il genere di riferimento ma mai come in questo caso, la definizione alternative risulta appropriata ad un album: la musica dei Voldo contiene il meglio degli ultimi vent’anni di musica rock, rivista e riassemblata in modo estremamente intelligente, originale e, appunto alternativo, come se i generi che affiorano all’ascolto del mastodontico lavoro avessero un’altra faccia della medaglia che ci viene fatta scoprire con successo.
E allora ecco che tra il muro di suoni distorti, elettronici, effetti vari ed un basso che tutto fa fuorchè lo strumento ritmico assurgendo ben buona parte del disco al ruolo di protagonista, scorrono stoner, hardcore, psichedelia, hard rock acido in una giostra di umori ora tirati, ma a tratti più rilassati, dove la voce grossa la fa una spiccata propensione a stupire, tenendo conto anche della durata consistente dell’album che supera l’ora di durata.
Il bello è che il lavoro svolto dai nostri non annoia neanche per un istante, tutto risulta perfettamente in sintonia con l’idea di fare musica del gruppo, nella quale troverete echi di Primus (Passamonti, bassista fenomenale, ricorda non poco in certi passaggi Les Claypool), il rock alternativo dei primi anni novanta suonato da Sonic Youth e Rage Against The Machine, atmosfere desertiche, l’approccio di una band punk/hardcore e la psichedelia elettronica degli svizzeri Young Gods del capolavoro “L’Eau Rouge” (1989).
I brani di questo viaggio celebrale sono tutti indistintamente da vivere (non solo da ascoltare) ma la conclusiva Drogo risulta un piccolo capolavoro all’interno di un disco già di per se notevole, trattandosi di una lunga suite dove lo stoner incontra l’elettronica in una atmosfera pinkfloydiana, come un Live at Pompei suonato nell’anno 3000, in una parola grandiosa.
Perdersi in questo album è stato faticoso ma bellissimo."
"È stata un esperienza faticosa ma allo stesso tempo affascinante, e alla fine ne è valsa veramente la pena, entrare nel mondo di questi tre ragazzi che si fanno chiamare Voldo.
La band si forma nel 2008, ma è solo tre anni dopo, con l’entrata in formazione del batterista Michele Calamita, che, assieme ai due membri fondatori Matteo Passamonti (basso,voce,effetti) e Luca Giovagnoli (chitarra,effetti) che prende vita l’attuale formazione a tre.
Il gruppo trova così stabilità e comincia ad esibirsi da vivo ed arriviamo alla fine del 2013 con l’uscita di Hella Maluka, rigorosamente autoprodotto, registrato e mixato con la collaborazione dei fonici Valerio Romanelli e Giacomo Calli.
Di solito nelle recensioni trovate il genere di riferimento ma mai come in questo caso, la definizione alternative risulta appropriata ad un album: la musica dei Voldo contiene il meglio degli ultimi vent’anni di musica rock, rivista e riassemblata in modo estremamente intelligente, originale e, appunto alternativo, come se i generi che affiorano all’ascolto del mastodontico lavoro avessero un’altra faccia della medaglia che ci viene fatta scoprire con successo.
E allora ecco che tra il muro di suoni distorti, elettronici, effetti vari ed un basso che tutto fa fuorchè lo strumento ritmico assurgendo ben buona parte del disco al ruolo di protagonista, scorrono stoner, hardcore, psichedelia, hard rock acido in una giostra di umori ora tirati, ma a tratti più rilassati, dove la voce grossa la fa una spiccata propensione a stupire, tenendo conto anche della durata consistente dell’album che supera l’ora di durata.
Il bello è che il lavoro svolto dai nostri non annoia neanche per un istante, tutto risulta perfettamente in sintonia con l’idea di fare musica del gruppo, nella quale troverete echi di Primus (Passamonti, bassista fenomenale, ricorda non poco in certi passaggi Les Claypool), il rock alternativo dei primi anni novanta suonato da Sonic Youth e Rage Against The Machine, atmosfere desertiche, l’approccio di una band punk/hardcore e la psichedelia elettronica degli svizzeri Young Gods del capolavoro “L’Eau Rouge” (1989).
I brani di questo viaggio celebrale sono tutti indistintamente da vivere (non solo da ascoltare) ma la conclusiva Drogo risulta un piccolo capolavoro all’interno di un disco già di per se notevole, trattandosi di una lunga suite dove lo stoner incontra l’elettronica in una atmosfera pinkfloydiana, come un Live at Pompei suonato nell’anno 3000, in una parola grandiosa.
Perdersi in questo album è stato faticoso ma bellissimo."